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( Sassalbo, 25 Maggio 2013 )
Il Parco Nazionale, un motore di ricerca
Si fa presto a dire Parco.. Parco dell’Appennino. Ma andando a vedere meglio, immergendosi nella geografia e nella storia fino all’attualità e alla cronaca della costruzione di questo “giovane” Parco Nazionale si scoprono mille complessità: paesaggio e natura, clima e produzioni tipiche, attività economiche e nuovi lavori, mutazioni culturali e opportunità di migliori stili di vita... ci si sorprenderà!
Sono pochissimi i luoghi in cui nello spazio di pochi chilometri, e a volte di pochi minuti, si concentra un così variegato patrimonio ecologico, come nel fuoco di un caleidoscopio della natura.
E’ il confine euro-mediterraneo il cuore identitario di questo nuovo Parco Nazionale che proprio per questo è davvero di interesse nazionale di fatto e non solo di nome. Tra la pianura Padana e il mar Tirreno, c’è una “terra alta” di confine, ci sono montagne, colline e valli longitudinali, che hanno assunto, perduto e riconquistato identità e denominazioni diverse. Hanno l’impronta di secolari insediamenti agro-silvo-pastorali; più recentemente hanno sofferto, e soffrono ancora, emigrazione dei giovani, abbandono e marginalità, come periferie di più dinamici distretti industriali. Solo ora – nel segno del Parco Nazionale – stanno riconquistando orgoglio territoriale, stanno ricercando e intraprendendo innovazione e aperture proprio a partire dal capitale di natura e di storia di cui dispongono.
Il Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano è stato istituito con una specifica legge nel ’97, definito nel suo perimetro con un decreto nel 2001. E’ avviato a realizzarsi concretamente solo da pochissimi anni. E’ stato faticoso ed è ancora in corso l’iter istitutivo e di costruzione sul campo di questo Parco Nazionale, che tende ancora ad ampliare i suoi confini. Concertazione e collaborazione, ma anche contraddizione e sovrapposizione di interessi pubblici e privati ne hanno resa partecipata, contrastata e laboriosa la nascita ma alla fine abbastanza sicuri l’avvio e la crescita che sono in atto.
C’è un logo che richiama e identifica il confine euro-mediterraneo e la vicinanza con il mare. C’è un colore (del Parco) che si rifà alla fioritura del faggio. C’è uno start up fatto di azioni di identificazione e connessione fra le tante specificità ed eccellenze di montagne e laghi, foreste e pascoli, siti geologici e specie rare, pievi, castelli e prodotti tipici tradizionali, i quali, come archetipi sociologici, raccolgono antichi saperi e si rendono riconoscibili perfino nelle forme del paesaggio. C’è un piano iniziale con oltre cento progetti di turismo naturalistico, agricoltura di qualità, recupero, studio e informazione ambientale. C’è, tra questi la ricerca del contatto col grande capitale umano perduto dall’Appennino con l’emigrazione, ma ancor vivo e ancora parte della sua anima e della sua economia. Ce n’è un altro rivolto a connettere il crinale tosco-emiliano con l’area di mare delle Cinque terre e del Golfo dei Poeti e col complesso delle Alpi Apuane. Alla base di tutto la cura e il controllo di un patrimonio naturale, per fortuna, in costante accrescimento: per qualità, quantità e diversificazione.
Essere Parco nazionale in questo Appennino da sempre vissuto, è oggi nella acutissima crisi di questo tempo un modo di essere e vivere al passo coi tempi, una bussola per l’agire, un motore di ricerca. Un suggerimento per dare competitività al turismo e all’agricoltura, uno stimolo per fare innovazione e impresa o per impegnare il tempo libero, per sviluppare una professione così come per adottare migliori stili di vita.
Fausto Giovanelli, presidente del Parco Nazionale dell'Appennino tosco emiliano
Convivenza possibile
Questa guida nasce da una collaborazione fra Gazzetta di Parma e Parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano e si va ad aggiungere ad altri strumenti (Guida del Parco nazionale a cura del Touring club, Carte escursionistiche del Parco nazionale, sito internet www.parcoappennino.it) utili per conoscere e visitare il territorio del Parco nazionale compreso fra le città di Parma, Reggio Emilia, Lucca e Massa Carrara.
La prima parte della mia “intro” è un esplicito invito alla visita: .
La seconda parte è dedicata ai Parchi nazionali, all’importanza del riconoscimento di “Parco nazionale” per un territorio. Questa consapevolezza non è ancora tangibile, molti che vivono qui non sanno della presenza di un Parco nazionale. Non si tratta semplicemente di uno staff di tecnici e amministratori, non si tratta di un insieme di norme, non si tratta solo di un brand o marchio…Si tratta di un’ idea partita circa 140 anni fa dagli Stati Uniti che ha conquistato il mondo e che si può tradurre in una missione: “conservare e gestire i beni comuni a favore degli abitanti della terra di oggi e di domani”.
La biodiversità e i servizi ecosistemici sono il nostro capitale naturale, sono conservati, valutati e talvolta ripristinati per il loro valore intrinseco e perché possano continuare a sostenere in modo durevole la prosperità economica e il benessere umano.
Un approccio sintetico alla valutazione della biodiversità è possibile attraverso l’individuazione numerica delle specie. All’interno del parco vive il 67% delle specie complessivamente presenti nel territorio italiano e questo mette in luce la ricchezza della natura nell’Appennino tosco emiliano: 2003 specie presenti nel parco (42 di mammiferi, 108 di uccelli, 14 di anfibi, 11 di rettili, 8 di pesci, 1820 di piante vascolari). La straordinaria ricchezza floristica (1820 specie) trova giustificazione nella particolare posizione geografica, nel range altitudinale (400 – 2100 metri s.l.m.), nella complessità orografica e condiziona positivamente anche il numero di specie animali.
La diversità biologica non è un parametro statico, ma in continua evoluzione: il territorio del parco conosce oggi uno dei momenti più fiorenti in termini genetici, specifici ed ecosistemici dell’ultimo secolo, infatti lo sviluppo socioeconomico e la conseguente riduzione della pressione umana, ha posto le condizioni per una rivincita della natura.
In futuro però, l’aumento dell’ecosistema forestale e della sua stabilità potrebbe portare ad un’ulteriore riduzione dei paesaggi aperti, degli ecosistemi e delle specie a questi legati e quindi a una perdita di biodiversità. Ci sarà un impoverimento delle specie che in questi ambiti trovano la propria nicchia ecologica e l’inevitabile scomparsa di gran parte del paesaggio agrario che per decenni ha caratterizzato la campagna a ridosso dei borghi e dei villaggi montani e al quale oggi si riconosce un rilevante valore estetico, culturale ed economico.
La conservazione della natura, oggi più che mai, si traduce in esperienze di “Convivenza possibile”, dove l’uomo, parte dell’ecosistema, agisce con azioni dirette o indirette per mantenere alto il “capitale natura” e di conseguenza per favorire il proprio benessere.
Giuseppe Vignali – Direttore del parco nazionale dell’Appennino tosco emiliano