Armido Malvolti intervista il coordinatore della Riserva Biosfera UNESCO Appennino
( Sassalbo, 30 Dicembre 2020 )Sono passati cinque anni e mezzo da quando l’Appennino Tosco Emiliano è diventato area MaB-UNESCO. Quali sono i passi più significativi compiuti in questi anni?
Vale più di tutto l’aver fatto crescere l’orgoglio e la consapevolezza del valore del nostro Appennino. Poi ci sono i 70 progetti dell’Action plan, che non sono intenzioni per il futuro, ma azioni in campo, in gran parte già realizzate. In sostanza il cammino è iniziato davvero il successo d’immagine del giugno 2015 - e sembra ieri !- ha avuto un seguito, con continuità e coinvolgimento di moltissime persone e diversi soggetti pubblici, associativi e privati. MabAppennino ha vissuto come un insieme di Patti di collaborazione per azioni materiali e culturali. Un marchio di valore, ma anche un fare.. e non era scontato. Per certi versi si sono mosse decisioni e risorse materiali. È avvenuto con la scelta delle aree MAB come le prime in cui investire le risorse aggiuntive delle “aree interne”. O col finanziamento del Por-Fesr per il turismo da 3 milioni di euro, che ha generato la Via Matildica del Volto Santo e la ciclopedonale attorno alla Pietra. Per altri versi si sono inaugurate nuove alleanze e collaborazioni,come quella tra 15 imprese agricole, consorzio di bonifica, Parco Nazionale e CRPA, per sperimentare tecniche di conduzione dei terreni più capaci di trattenere CO2. O come quelle tra Consorzi Forestali, usi civici, Università e Parco nazionale per azioni pilota di accrescimento della resilienza dei boschi al cambiamento climatico. Poi ci sono cose più semplici ancora, come il sostegno al centro di comunità della attivissima pro-Loco di Sologno o quello alla comunità Slow Food dell’Appennino reggiano per il loro mercato in città, o il piccolo ma importante aiuto agli scavi alla Pieve di TOANO, o lo scambio internazionale di esperienze sulle api e sul miele. E, ultimo o forse primo, il grande lavoro con le scuole e delle scuole, dirigenti e docenti in prima persona, che si sono confrontati, hanno elaborato e realizzato progettazioni didattiche in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
La novità più rilevante - e che resta agli atti - è quella di avere esplicitamente incentrato l’action plan sul capitale umano dell’Appennino e per l’Appennino. È la prima volta che in un piano-programma di area, si mettono al centro dell’idea di sviluppo le persone, le loro conoscenze, capacità, motivazioni, attitudini, senso di appartenenza. I programmi hanno sempre parlato di realizzazioni materiali - opere oppure soldi - e pensato a interventi dall’alto. Cose importanti e necessarie intendiamoci. Ma la soluzione dei problemi di ogni territorio oggi sta ,come scrive UNESCO, prima di tutto “nella mente e nel cuore degli uomini e delle donne”. Mab segue questa ispirazione.
In una intervista di quel periodo, a una domanda sull’opportunità di far parte del MaB rispose che “…si tratta della strada giusta per questo territorio, la camicia su misura nella quale può riconoscersi e farsi riconoscere dal Mondo…”. Quel suo messaggio è stato recepito dai cittadini e sul “farsi riconoscere dal Mondo” quali azioni concrete sono state intraprese e con quali risultati?
Sul web e altrove viaggiano ogni giorno milioni di messaggi. Per i cittadini, MaB Unesco è un messaggio tra tanti altri. Ma credo che la sostanza del messaggio, cioè il valore dell’equilibrio Uomo e Biosfera, sia passato anche qui. Guardo i social, le migliaia di foto postate sui gruppi locali. Centinaia di persone vedono bellezza nell’Appennino, nei paesaggi, nelle stagioni, in situazioni, in luoghi e con prospettive che nessuno in passato aveva mai colto né fotografato. Pensiamo anche al Premio Letterario Appennino. È anch’esso un segno. Con il Covid poi … c’è stato uno scatto, ma già eravamo sulla strada. Per farci riconoscere nel mondo -invece- dobbiamo e possiamo fare ancora molto Anche se, già di per sé, frequentare ed essere parte della rete Mab fa conoscere ed è promozione. Un dato: fino al Covid passaggi e soggiorni di provenienza estera erano in forte crescita. Tra poco segnaleremo l’Appennino come Riserva di Biosfera sull’A1. Due cartelli. Sembra semplice, invece è stato complicato, ma credo sarà molto apprezzato (vedi foto). Stiamo lavorando per segnalare meglio anche su Google Map.
Nel dossier di candidatura si legge: “La comunità locale deve diventare soggetto attivo e responsabile della tutela e dello sviluppo della riserva MaB, facendola diventare un laboratorio di innovazione e sviluppo sostenibile”. Innovazione e sviluppo sostenibile: parole che ormai sono sulla bocca di molti, ma, calate nelle nostra realtà, cosa significano? E in che modo può essere d’aiuto l’appartenenza all’area MaB?
Appennino e sostenibilità sono due parole che stanno bene insieme. Ma non è un dato inossidabile. Non è uno “stato stazionario”. Anche i boschi e le colture agricole hanno bisogno di cura e investimenti lungimiranti. L’Appennino dà servizi ad altri territori e più ampie comunità. I servizi ecosistemici di cattura e stoccaggio di CO2, di regolazione dei flussi idrici, di mitigazione del clima, di offerta di prodotti genuini a filiera corta, di spazi di prossimità e opportunità di ristoro e ricreazione, e persino l’offerta di stili di vita desiderabili, sono imponenti. Ma sono seriamente minacciati dal cambiamento climatico. Mab può aiutare a farli riconoscere, difendere e remunerare. Servono conoscenza e azioni prima che sia troppo tardi. Crescita culturale e innovazione sono una necessità per difendere i servizi ecosistemici, ma per non rimanere passivi indietro mentre il mondo corre, è necessario contribuire non da assistiti, ma da protagonisti. MaB Action Plan sta seminando tutto questo. Ci sono cento diversi soggetti attivi nelle 70 azioni. Altri, molti di più, potranno essercene.
Per raggiungere risultati sul terreno dello sviluppo sostenibile non crede che serva una sorta di rivoluzione culturale? E se sì, chi la può promuovere?
Eh sì, certo! La politica ha delle responsabilità e può fare cose importanti. Non tutto però e nemmeno la parte principale. Anche perché dipende dal consenso. Alla fine contano le persone, le famiglie, le imprese, le associazioni, quello che fanno ancor più di come votano. In tutto il mondo la sostenibilità è diventata in poco tempo la questione numero uno. Senza che le classi dirigenti siano preparate. Come dice papa Francesco, ogni paradigma tecnocratico è inadeguato. Parliamo giustamente di antropocene: la nostra dimensione antropologica, si esprime in primo luogo nella cultura, e naturalmente anche nell’etica, nella spiritualità e nelle religioni. C’è ancora Mab Appennino, non è un’istituzione, non è un grande potere. Fa la sua parte e, nel suo piccolo, si rivolge in primo luogo agli insegnanti e alla scuola, ma in verità a tutti, a chi governa e chi fa impresa, agli uomini e alle donne, alla scienziata come alla casalinga. “Tu sei la riserva di Biosfera”, non è solo uno slogan. È un appello.
Leggendo e ascoltando alcuni esperti di vita in montagna, si ricava l’impressione che teorizzino la possibilità, se non addirittura la necessità, per questi territori di vivere di soli agricoltura e turismo. Meglio: ecoturismo. Non è un po’ riduttivo? C’entra il MaB con queste teorie?
È davvero molto molto riduttivo. Certo Mab Appennino promuove agricoltura e turismo di qualità perché ci rendono attrattivi anche per i giovani e possono crescere e crescere insieme, più che nel passato. Ma al centro del piano d’Azione ci sono l’educazione, la crescita culturale, l’attitudine alla collaborazione, la formazione di una classe dirigente, la forza del capitale umano territoriale. Siamo in una società in continuo divenire. I servizi alle persone per esempio sono essenziali e crescono di peso economico e sociale ovunque. La scuola, una buona e seria scuola è assolutamente fondamentale; il lavoro a distanza reca con sé enormi possibilità. I mestieri e i lavori evolvono alla velocità della luce. Non si può pensare ai diversi comparti produttivi come un tempo. Tutti i settori sono interrelati e nascono nuovi lavori. Possiamo diventare la Svizzera dell’Emilia Romagna, ma la Svizzera non la valle di Heidi. Siamo a due passi da distretti tecnologici e industriali di enorme qualità, dalla Ferrari alla MaxMara alla Barilla alle Ceramiche.
Ora si va verso l’allargamento. Quali saranno le nuove dimensioni dell’area?
E’ molto più di un allargamento. E’ quasi una rifondazione. Territorio, popolazione, numero di comuni si moltiplicano per 2 o per 3 (vedi dati in tabella). La nuova MaB va dalla Pianura Padana al Mar Tirreno. Un territorio molto differenziato. Ma tutt’altro che in abbandono. E’ come un caleidoscopio di paesaggi, di prodotti di fama mondiale e anche di culture. E’ un mosaico pieno di tessere preziose. Frammentato dal punto di vista amministrativo, come spesso accade in Italia. Ma ha una sua unicità, che viene dalla geologia e dalla storia. I Romani - che di governo e strade se ne intendevano - avevano collegato la via Emilia con la via Aurelia tramite la Parma-Luni, la Luni-Lucca. I nuovi cammini storico religiosi stanno recuperando relazioni e connessioni antiche. Per TUTTOMONTAGNA direi che nel raggio di 60 km da Castelnovo ne’ Monti c’è un universo da scoprire.
Come si è giunti a questa decisione?
Prima di tutto ce lo hanno chiesto e richiesto. Volevamo concentrarci sul decollo della MaB Appennino appena nata. Ma non ci siamo sentiti di dire no. Perché Unesco è unione per vocazione. Perché la sfida della sostenibilità richiede molta forza e massa critica adeguata per stare in campo da protagonisti. Perché l’ampliamento delle collaborazioni tra diversi soggetti e territori è il vero valore aggiunto di Mab. D’altro lato l’Appennino come tale è già pieno di presîdi e di parchi. Serve qualcosa di più largo e connesso. Non ci siamo sentiti di dire di no. Poi una volta aperto… Posso dire una cosa personale? E’ stata una fatica lunga e dura. Voglio pensarla come una semina; il risultato - se ci sarà - verrà dopo. Intanto devo ringraziare le centinaia di persone, note e meno note, che hanno dato una mano tante, tantissime volte.
E’ molto interessante l’ampliamento fino alla città di Reggio. Può favorire la crescita di interesse e di attenzione della città verso il territorio che le sta a sud: quello collinare e montano?
Certo, quella che coinvolge città e dintorni urbani è forse la parte più innovativa, problematica ma anche carica di potenzialità. La partecipazione a MaB Appennino per la città di Reggio può essere il coronamento di una scoperta: il valore dell’Appennino alle porte di casa sta crescendo di popolarità. Ma non è ancora nell’anima della città. La vicenda Covid e la sfida della sostenibilità stanno cambiando questo stato delle cose. L’Appennino ha risorse di cui la città ha bisogno e viceversa. Su questo bisogna lavorare.
In un recente dibattito online un amministratore del comune di Reggio ha parlato di “mano tesa della città verso la montagna”. Non si tratta di un approccio vecchio, superato dai tempi, tutto sommato sbagliato? Non di “mano tesa” ha bisogno il territorio, città compresa, ma di politiche innovative che tengano conto dei cambiamenti in atto, prima di tutto quelli climatici, politiche capaci di coinvolgere i cittadini. Lei cosa ne pensa?
La relazione dell’Appennino con le città è stata negli ultimi decenni sostanzialmente di dipendenza. Una relazione univoca che oggi deve diventare biunivoca. Le montagne hanno bisogno di connessioni e relazioni, ma le città hanno bisogno di servizi ecosistemici e hanno non solo l’interesse ma l’esigenza di investire sulla conservazione di questi servizi e di favorire stili di vita, scelte di residenza, strumenti di mobilità che rendano più vicino e vivibile il territorio rurale con tutti i suoi valori. Pensiamo a un patto metro-montano , un tavolo,un incubatoio di progetti, un orizzonte di area vasta che guarda sull’asse nord sud e non solo alla via Emilia e al mare come centri di tutto.
Quali tempi si ipotizzano per il completamento dell’allargamento?
Il dossier è stato consegnato al Ministero dell’Ambiente il 30 novembre. Il Ministero dell’Ambiente l’ha inviato all’Unesco. La decisione sarà nel prossimo giugno a Parigi.
Ora una domanda in apparenza banale, ma di sostanza perché sono e saranno in molti a porsela: l’Appennino che ci guadagna?
E’ sbagliato pensare l’Appennino e la via Emilia come realtà separate. Tutti capiamo che sono complementari. Lo sono da secoli. Fin dai tempi dei Romani, del Medioevo e degli Estensi. Oggi ancora di più. Soprattutto chi lavora, chi fa impresa in montagna sa quanto è vitale la relazione con la città. Una logica oppositiva è perdente. Può essere vincente invece costruire, da fondatori, un tavolo e un ambito in cui l’Appennino si pone come centralità geografica, fa valere la sua vocazione alla sostenibilità, lavora sul miglioramento delle relazioni. Rimanendo separate le aree rurali non sono più forti e rischiano di rimanere marginali anche nella sfida per la sostenibilità - pensiamo al Green Deal europeo - dove possono invece giocare le loro ottime carte.
Esiste un problema di governance? Il Parco è stato ed è promotore e coordinatore, ma se per una qualsiasi ragione dovesse rinunciare a questo ruolo non rischierebbe di crollare tutto non essendoci una governance istituzionalizzata?
Il Parco Nazionale, pilastro della governance, è un’istituzione e come tale è duratura e molto robusta. C’è un altro problema: che per un’area così vasta il Parco Nazionale non basta. Abbiamo perciò previsto una cabina di regia a tre col Parco e le due regioni Emilia e Toscana, che hanno forza e dimensioni per reggere programmi ambiziosi. Poi ci saranno cinque diversi coordinamenti territoriali: uno per ciascuna area Reggiana, Parmense, Modenese, Lunigiana e Garfagnana. Devo però ricordare che l’anima e la forza della governance di una MaB stanno nella partecipazione. MaB non è un ente pubblico e la sua Assemblea consultiva, come il suo piano d’azione, sono composti e realizzati anche da molti altri soggetti associativi e privati.
A cura di Armido Malvolti